“I BAMBINI E L’INGLESE”

Grande successo ha riscosso l’iniziativa della Fondazione IRRM per l’avvio di una sezione bilingue a Cagliari nella scuola dell’infanzia “San Vincenzo”, in Via Basilicata 18.
La docente di lingua inglese, dott.ssa Claudia Scameroni, ci ha gentilmente concesso questa breve intervista e per questo la ringraziamo. Iniziamo subito con il chiederle se i bambini sono entusiasti di questa nuova esperienza.

C.S. I bambini non sono solo entusiasti ma sono orgogliosi. In diverse occasioni ho sentito affermazioni del tipo “io parlo inglese!” oppure mi sono sentita porre domande “maestra ma io parlerò l’ inglese come te ?”. E io credo che quando c’è desiderio tutto diventa più facile e soprattutto piacevole.

D. Gli esperti concordano che l’età ideale per iniziare a studiare una lingua straniera sia tra i tre e i quattro anni.

C.S. Idealmente un bambino dovrebbe essere esposto ad una lingua straniera prima dei 7 anni d’età, soprattutto per l’apprendimento della fonologia ovvero del suono della lingua. Diversi studi hanno infatti dimostrato che i “bilingui tardivi” (dopo i 6 anni d’età) utilizzano reti neurali diverse per rappresentarsi lingua madre e seconda lingua, mentre i bilingui alla nascita (o comunque più precoci) utilizzano substrati neurali comuni. Questo perchè il cervello col passare degli anni diviene sempre più organizzato e perde la plasticità tipica dei primi anni di vita del bambino.

D. Come avviene l’insegnamento di un’altra lingua a questa età?

C.S. Il presupposto basilare è il comportamento dell’ insegnante in classe. Esso è un potente mezzo non solo di formazione, ma anche di motivazione. L’ insegnante deve inanzitutto instillare entusiasmo nel bambino che deve sentirsi affascinato e attratto dal suono della nuova lingua e trovarne anche un’utilità in senso pratico. Il bambino infatti attraverserà una prima fase “silente” ovvero di solo ascolto, assolutamente essenziale nell’apprendimento di una seconda lingua (che inoltre è lo stesso processo dell’acquisizione della lingua madre).

Solo successivamente, e in tempi che possono variare da individuo ad individuo, il bambino tradurrà quanto appreso in forma verbale.
Il bambino viene esposto gradatamente alla lingua straniera, rinforzando quotidianamente vocaboli già sentiti (attraverso il canto, le filastrocche, la lettura o la semplice conversazione soprattutto legata alle azioni della routine) . Il lessico viene arricchito man mano sia in termini di quantità di parole utilizzate che in termine di complessità sintattica.
E’ molto importante soprattutto in una fase iniziale non evidenziare eventuali errori di pronuncia e non forzare il bambino a ripetere o tradurre vocaboli perchè questo potrebbe avere un effetto demotivante e generare ansia da prestazione.

D. Si sente spesso dire, ma non è che stiamo chiedendo troppo ai bambini? Cosa ne pensa?

C.S. Non sono assolutamente daccordo con quest’affermazione anche perchè l’ insegnamento della lingua straniera avviene attraverso una metodologia ludica e piacevole che rispetta i tempi e i bisogni di ciascun bambino e inoltre perchè il bambino in età prescolare riesce ad acquisire la lingua in maniera assolutamente naturale e spontanea a differenza di un adulto il cui cervello è infatti ormai “definitivamente” organizzato, ovvero ha perso la plasticità tipica del cervello più giovane.
Semmai il bambino viene alleviato da fatiche future, in quanto conoscere la lingua inglese è oramai un fattore imprescindibile sia nella scuola che nel mondo del lavoro.

D. Diversi studi affermano che imparare due lingue da piccoli migliori le capacità cognitive. Quali sono gli altri vantaggi del bilinguismo?

C.S. Oltre la sfera cognitiva appunto (maggiore flessibilità mentale, maggiore propensione ad imparare più lingue con minore sforzo, capacità di pensare in modo astratto, creatività,etc) ci sono ovviamente vantaggi comunicativi e culturali (maggiore apertura mentale che si traduce anche in una visione del mondo più diversificata per via di un rapporto più evoluto con la realtà semantica di un linguaggio; ascoltatori più attenti verso persone che non parlano la propria lingua; persone che si adattano a culture diverse riuscendo a tessere relazioni ) e non per ultimo un vantaggio economico perchè chi parla più di una lingua ha migliori opportunità di lavoro, anche a livello internazionale.

D. A quattro mesi dall’avvio della sezione bilingue quali sono le sue prime impressioni?

C.S. Assolutamente positive ed entusiasmanti per il futuro, soprattutto considerato che un nutrito gruppo della sezione bilingue frequenta il primo anno di scuola dell’ infanzia e che tra questi vi è un bambino nato e cresciuto in Gran Bretagna che funge da eccellente esempio e stimolo per il resto della classe. I genitori sono sorpresi dal numero di vocaboli che i bambini hanno memorizzato e raccontano che spesso a casa cercano di mimare un linguaggio inglese (ovviamente in questa fase non corretto, ma è importante che i bambini accolgano positivamente questa novità addirittura inserendola in momenti di gioco).

D. Quali difficoltà sta incontrando?

C.S. Solo nel primissimo periodo i bambini mi dicevano che non riuscivano a capirmi, poi col tempo questa fase è stata superata pechè hanno compreso che attraverso l’ intuizione, il linguaggio del corpo e la ripetizione possono tradurre nel loro cervello azioni e concetti.
Adesso le difficoltà che incontro non sono diverse da quelle di una sezione tradizionale dove si parla solo italiano e non sono certamente collegate alla lingua straniera.

Ringraziamo la Dott.ssa Claudia Scameroni per aver condiviso con noi la sua esperienza e le auguriamo un buon lavoro.

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